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Assicurazioni, la Germania è l’anello debole d’Europa

2 Dicembre 2014

Le compagnie di assicurazione tedesche, soprattutto quelle di piccole dimensioni, rischiano di essere l’anello debole del settore in Europa, se perdurerà l’attuale situazione di tassi d’interesse molto bassi, secondo i risultati degli stress test condotti dall’Eiopa, l’organo europeo di vigilanza sulle assicurazioni e la previdenza, su tutti i 28 Paesi dell’Unione europea più la Norvegia.

 

Le compagnie di assicurazione tedesche, soprattutto quelle di piccole dimensioni, rischiano di essere l’anello debole del settore in Europa, se perdurerà l’attuale situazione di tassi d’interesse molto bassi, secondo i risultati degli stress test condotti dall’Eiopa, l’organo europeo di vigilanza sulle assicurazioni e la previdenza, su tutti i 28 Paesi dell’Unione europea più la Norvegia.
L’esercizio mostra un settore tutto sommato in buone condizioni in vista dell’introduzione di Solvency 2, le nuove regole che entreranno in vigore nel 2016. Il 14% delle compagnie, che rappresentano però solo il 3% del totale delle attività, non sono in linea, sulla base del bilancio 2013, con i requisiti di capitale previsti dalla futura normativa.
A differenza della valutazione delle banche realizzata dalla Banca centrale europea e i cui risultati sono stati pubblicati a ottobre, lo stress test dall’Eiopa non indica i dati per ogni gruppo assicurativo o imprese singole, in quanto Solvency 2 è ancora in via definizione. Tra l’altro, non si è tenuto conto dei modelli interni, che potranno essere invece applicati a Solvency 2. Inoltre, non avverrà nelle assicurazione un passaggio della vigilanza a livello europeo, come è stato per le banche. Le osservazioni dell’Eiopa non hanno quindi valore vincolante, ma come ha detto il suo presidente, Gabriel Bernardino, hanno una funzione preventiva, di preparazione a Solvency 2 e di indicazione delle vulnerabilità. L’Eiopa ha emesso delle raccomandazioni per le autorità di vigilanza nazionali, che si aspetta conducano a interventi nel corso del 2015. Il rapporto evidenzia carenze di capitale per 3,3 miliardi di euro, secondo lo scenario base, e per 8,3 miliardi secondo lo scenario definito “low yield”, cioè bassi rendimenti. Non tutte queste carenze, ha detto Bernardino, dovranno essere necessariamente coperte con aumenti di capitale, ma le compagnie potranno rispondere con una migliore gestione dei bilanci, per esempio la diversificazione degli investimenti.
La vulnerabilità delle compagnie tedesche, peraltro già evidenziata in toni analoghi anche da un recente rapporto della Bafin, l’organo di controllo nazionale, dipende soprattutto dalla diffusione di polizze vita con un rendimento garantito. Questo si scontra con l’attuale livello storicamente molto basso dei tassi d’interesse: nel caso di uno scenario “giapponese”, una delle ipotesi previste dagli stress test, cioè la permanenza dei rendimenti a livelli bassissimi, diverse compagnie avrebbero problemi a rispettare gli impegni con gli assicurati nel giro di 8-11 anni. Come diverse compagnie tedesche, si trovano in questa situazione, alla lunga insostenibile, assicurazioni di Austria, Svezia e Malta.
Oltre allo scenario giapponese, lo stress test dell’Eiopa ha previsto anche uno scenario in cui le compagnie sono colpite su un doppio fronte: da un lato, uno shock finanziario sulle attività, che penalizzi il portafoglio di azioni e obbligazioni, e un basso livelli di rendimenti e dall’altro un netto peggioramento di rischi specifici, come riscatti di massa o catastrofi naturali.
All’esercizio hanno preso parte le principali compagnie italiane, pari al 60% del mercato nazionale. Il sistema italiano, osserva una nota dell’Ivass, l’organo nazionale di controllo, evidenzia una sufficiente capitalizzazione in vista di Solvency 2: tutti i soggetti italiani soddisfano i requisiti, contro l’86% dell’intero campione, secondo lo scenario di base. Negli stress test, però, la percentuale si riduce al 50% (non lontano dal valore europeo del 56%) nella prova sul “doppio shock”. Pesa su questa valutazione l’altissima percentuale di titoli di Stato italiani in portafoglio. Nello scenario “giapponese” invece l’83% delle imprese italiane continuerebbe a soddisfare il requisito patrimoniale contro il 76 del campione europeo.

FONTE IL SOLE 24 ORE