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Fondi pensione Il primo trimestre chiude al 2%

NewSintesi e Rassegna Stampa | 28 Aprile 2014 | 0

La pensione di scorta comincia bene il 2014. Nei primi tre mesi dell’anno è stato pari al 2% il rendimento medio offerto dai fondi pensione negoziali, aziendali o di categoria.

 

La pensione di scorta comincia bene il 2014. Nei primi tre mesi dell’anno è stato pari al 2% il rendimento medio offerto dai fondi pensione negoziali, aziendali o di categoria. Il Tfr (il 6,91% della retribuzione lorda) nello stesso periodo ha reso invece lo 0,4%, al netto dell’aliquota dell’11%. La liquidazione mantenuta in azienda si rivaluta con un tasso dell’1,5%, più il 75% dell’inflazione.
Nei primi tre mesi del 2014 tutte le linee d’investimento hanno ottenuto risultati positivi. Le migliori sono state due garantite (che in determinati casi assicurano un rendimento minimo annuo o la restituzione dei contributi versati): quella di Byblos (settore cartario e aziende grafiche) con il 4,6% e l’analoga di Cometa con il 4,3%.
La previdenza integrativa stacca il Tfr anche nel lungo termine: fra il primo gennaio 2000 e il 31 marzo scorso, infatti, tutti i tre fondi maggiori esistenti all’inizio del periodo considerato hanno battuto nettamente il 46,5% della liquidazione. Il migliore è stato Fondenergia (energia e petrolio) con il 60%, seguito da Cometa (industria metalmeccanica e orafa) con il 55,4% e Fonchim (chimica e farmaceutica) con il 54,2%. Mentre i contributi ai fondi pensione cominciano a maturare rendimenti sin dal momento del versamento, la rivalutazione del Tfr mantenuto in azienda riguarda solo l’importo maturato al 31 dicembre dell’anno precedente. Questo meccanismo determina una differenza di circa lo 0,2% a sfavore del Tfr.
Alternative
La previdenza integrativa non è l’unico strumento a disposizione, ma può aiutare a compensare la minore copertura che sarà offerta dalla pensione. Bisogna però scegliere attentamente la linea d’investimento, che dev’essere adeguata alla situazione personale, e valutare le spese. Da questo punto di vista i fondi negoziali — che però non sono aperti a tutti — risultano competitivi: l’indicatore sintetico dei costi, elaborato secondo le regole stabilite dalla Covip (Commissione di vigilanza sui fondi pensione) per un periodo di dieci anni è pari in media allo 0,4% all’anno.
Malgrado i rendimenti positivi, però, il sistema stenta decisamente a decollare: i fondi negoziali, in particolare, a causa della crisi dell’occupazione accusano addirittura un leggero calo degli iscritti. «Per il settore due temi sono all’ordine del giorno — sottolinea Raffaele Capuano, direttore generale della Covip —. La crescita delle adesioni, eventualmente attraverso meccanismi semi-obbligatori con possibilità di uscita, e una maggiore destinazione degli attivi verso l’economia italiana, in particolare verso le Pmi. Queste possibilità saranno rafforzate dal nuovo decreto sugli investimenti che dovrebbe essere varato in tempi brevi».
Per analizzare le opportunità d’investimento nell’economia reale, la Covip ha incontrato nei giorni scorsi i vertici dei principali fondi pensione e della Cassa depositi e prestiti, disponibile a realizzare strumenti finanziari dedicati alla raccolta del risparmio previdenziale. «La condizione attuale offre opportunità d’investimento tali da collegare la redditività dei fondi con lo sviluppo economico nazionale — sottolinea il presidente della Covip Rino Tarelli —. In ogni caso si deve tener conto di due elementi fondamentali che caratterizzano i fondi pensione: l’autonomia gestionale e la loro missione prioritaria, assicurare agli iscritti una pensione integrativa di quella di base», aggiunge Tarelli.
Tratto distintivo
A parte i rendimenti, comunque, un altro fattore rende più conveniente l’adesione ai fondi pensione rispetto alla decisione di mantenere il Tfr in azienda. E’ il contributo aziendale, pari in media all’1,2-1,5% della retribuzione lorda, cui ha diritto solo chi aderisce. Lo dimostrano gli esempi, relativi ai tre fondi maggiori, di lavoratori che hanno aderito alla partenza del fondo, a confronto con i loro colleghi che invece hanno lasciato il Tfr in azienda. Al 31 marzo scorso, un metalmeccanico con uno stipendio di 23 mila euro lordi che il primo gennaio 1997 ha aderito alla linea bilanciata di Cometa aveva maturato un montante di 34.738 euro, contro i 27.207 accantonati da un suo collega che ha mantenuto il Tfr in azienda. In tutti i casi sono state considerate le stesse voci, in modo da rendere omogeneo il confronto. Quest’ultimo, peraltro, non tiene conto del trattamento fiscale, che nella previdenza complementare è decisamente più favorevole rispetto a quello che si applica al Tfr.

FONTE IO MI ASSICURO/ CORRIERE DELLA SERA

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