Riceviamo e pubblichiamo integralmente quanto diramato questa mattina da ANAPA nella propria newsletter periodica. Le considerazioni che seguono sono a firma di Antonello Galdi, consulente generale dell’associazione guidata da Vincenzo Cirasola e componente della commissione tecnica istituita per definire il piano di riequilibrio del Fondo Pensione Agenti
Cari Agenti, da componente della commissione tecnica, istituita per il salvataggio del Fondo Pensione Agenti, ritengo doveroso condividere con voi questo intervento in vista della riunione che si terrà il prossimo 6 ottobre con ANIA e le altre parti sociali.
Si tratta ormai del quinto incontro di quest’anno sull’argomento, dopo che, appurata la volontà di tutte le parti sociali (SNA compreso) di perseguire l’ipotesi della trasformazione del Fondo nel regime “a contribuzione definita” – quale conditio sine qua non posta dalle stesse compagnie – abbiamo appreso nel corso dell’ultima riunione di luglio che l’offerta delle imprese è quella di contribuire al salvataggio dello stesso con un importo di 16 milioni di euro.
ANAPA sin dall’inizio ha criticato quest’offerta che corrisponde, calcoli alla mano, a tagli medi dell’ordine del 40% a carico dei pensionati e di un medesimo 40% a carico delle riserve degli iscritti attivi, auspicando, nel contempo, una maggiore assunzione di responsabilità da parte delle imprese a compartecipare in maniera più “generosa” al salvataggio, pur nella consapevolezza che di fronte a 706 milioni di disavanzo un aumento considerevole dell’offerta, addirittura sino a 100 milioni e più, non mutasse di molto il quadro dei sacrifici da sostenere.
Tuttavia, di fronte ad una mancata e completa ricapitalizzazione da parte di tutti (perché è cosi che ci si comporta nel mercato quando un’impresa vuole evitare il default), 100 milioni sono pur sempre meglio di 16 milioni, purché si remi tutti nella stessa direzione e si porti a casa il risultato, cioè il salvataggio del Fondo.
Invece nelle ultime ore assistiamo, oltre all’organizzazione di presidi di protesta (ma nei confronti di chi? Se non verso se stessi visto che il Fondo è ed è stato gestito pariteticamente da agenti e compagnie, con la prerogativa della rappresentanza agenziale di esprimere il Presidente del Consiglio di Amministrazione) all’invio di una lettera ai Presidenti di tutti i Gruppi Aziendali, controfirmata dai Presidenti dello SNA e del Comitato dei GAA, che ci riporta indietro di almeno 7 mesi, ossia alla riunione del 27 gennaio quando le parti sociali, nell’avallare la condizione posta dall’Ania di contribuire solo a patto della trasformazione del Fondo in regime contributivo, diedero incarico alla stessa Ania di comunicare ai vertici del Fondo di sviluppare il piano del salvataggio su tale ipotesi.
E su questa direttrice si sono svolte tutte le successive riunioni, compresa quella della commissione tecnica che ha approfondito l’ipotesi della trasformazione del Fondo nel regime “a contribuzione definita”.
La lettera dello Sna, che non cita mai il mantenimento della “prestazione definita”, attribuisce alle compagnie l’impegno di contribuire con 283 milioni.
Questa cifra deriva dalla tabella sottostante che lo stesso FPA ha elaborato di sua spontanea volontà (cioè non richiesta dalle parti sociali) e consegnata ai componenti della commissione tecnica nella riunione del 13 maggio 2014.
Dalla tabella si evince che i 283 milioni corrispondono al 15% dei tagli ai pensionati sul disavanzo residuo (cioè quello che residua dal disavanzo globale di 706 milioni dopo aver detratto la rimodulazione delle prestazione attese dei contribuenti attivi).
Andando a ritroso con i calcoli risaliamo anche ai tagli da imporre ai contribuenti attivi:
- 283 + 15% = 325 milioni
- 706 – 325 = 381 milioni (rimodulazione delle prestazioni attese a carico dei contribuenti attivi).
E’ agevole rilevare dalla tabella che più aumenta il taglio ai pensionati più si riduce l’importo a carico delle compagnie/agenti.
Infatti, restando sempre nell’ipotesi prospettata dallo SNA, se i 283 milioni fossero erogati tutti dalle compagnie, attraverso la rateizzazione, nessun contributo di solidarietà verrebbe imposto ai contribuenti attivi.
Diversamente, il contributo di solidarietà a carico dei contribuenti attivi varierebbe in misura dell’intervento delle compagnie e si estenderebbe per il periodo corrispondente alla rateizzazione.
Questo quadro, che lo SNA prospetta, non esprime nessuna novità – se non negli importi che sono stati adeguati rispetto al disavanzo globale che da 786 milioni si è ridotto a 706 milioni – ma rappresenta ancora una volta il tentativo, accantonato dalle stesse parti sociali, di perorare il mantenimento della “prestazione definita”.
Infatti la rateizzazione che lo Sna prospetta, di 10, 15 o 20 anni, non può che realizzarsi nell’attuale regime del fondo, invece la sua trasformazione richiederebbe un’erogazione immediata, al massimo distinta in due tranche a distanza però di un breve periodo di tempo l’una dall’altra, necessaria per ricostituire le dotazioni iniziali (cd. “zainetti”) quale condizione per una capitalizzazione individuale e non più collettiva.
Volendo seguire, poi, un’interpretazione più sottile degli stessi numeri esposti dallo Sna, viene da chiederci, di fronte ad una disponibilità delle compagnie di contribuire con 16 milioni, come mai lo Sna sia partito dall’importo di 283 milioni.
Forse più realisticamente i calcoli si sarebbero potuti fare su un importo più aderente ad un’eventuale trattativa con le imprese.
Tuttavia, se confrontiamo il taglio ai contribuenti attivi calcolato sul disavanzo di 786 milioni con quello effettuato sul disavanzo di 706 milioni, rileviamo un aumento della rimodulazione delle prestazioni attese che sale da 344 milioni a 381 milioni.
E’ curioso evidenziare che di fronte ad una riduzione del disavanzo globale lo Sna attribuisca nelle sue ipotesi un aumento del taglio ai contribuenti attivi, puntando a preservare quanto più possibile i diritti dei pensionati.
Ma se i pensionati sono già di loro tutelati dalla legge e dalla stessa costituzione, perché mai un sindacato di agenti attivi si preoccupa più dei pensionati e non degli stessi associati?
Ancora una volta su tutta la vicenda emergono interessi volti alla strumentalizzazione e al mantenimento di posizioni di privilegio, se non di prestigio, senza nessuno scrupolo per quelli che sono i risparmi di intere famiglie e, soprattutto, per il futuro di intere generazioni.
Perché è proprio questo il tema centrale: la sottrazione del futuro che è stato fatto agli agenti.
FONTE INTERMEDIA CHANNEL