«È il mercato che determina se una professione sia destinata a scomparire o meno e, in questo momento, sono due segnali a mio giudizio molto importanti che vale la pena evidenziare». Claudio Cacciamani, ordinario di Economia degli intermediari finanziari presso l’Università degli Studi di Parma, dice la sua in merito al futuro degli intermediari assicurativi “fisici”, in una fase in cui il legislatore europeo spinge verso una figura unica di intermediario e la concorrenza con altri distributori è sempre più agguerrita. E c’è chi, addirittura, profetizza la scomparsa di agenti e broker.
Tuttointermediari.it, attraverso questa intervista, ha voluto sentire (su svariati temi) chi insegna la materia e impartisce le lezioni a chi domani potrebbe intraprendere la strada dell’intermediazione. E allora vediamo quali sono questi segnali: «Il primo è che il modello di business dell’intermediazione bancaria non è più sostenibile: le banche chiudono le filiali ma, d’altro canto, si affermano reti di mediazione creditizia, promotori finanziari e altri intermediari. Il modello bancario implica costi fissi alti e, in un mercato sempre più discontinuo e competitivo, va in difficoltà. Le compagnie di assicurazione adottano già un modello a costo “variabile” di distribuzione. In questo hanno da tempo preconizzato le strategie bancarie, ora in crisi per sistemi di distribuzione rigidi e spesso antieconomici», sottolinea Cacciamani a Tuttointermediari.it.
«Il secondo segnale riguarda alcuni elementi “non assicurativi” che però stanno emergendo significativamente. Faccio alcuni esempi. Carrefour si è costruita una banca: cosa le impedirebbe di farsi pure una compagnia assicurativa, distribuendo i prodotti ai clienti che ha già inserito in cluster mediante tracciabilità di spesa? Stesso discorso per la distribuzione cooperativa organizzata, ormai presente da tempo con prodotti misto assicurativi-bancari a favore dei soci. E ancora: l’iniziativa di Intesa Sanpaolo in partnership con la banca dei tabaccai sta anticipando i tempi su nuove forme di distribuzione. Nulla vieta che poi si distribuiscano anche prodotti assicurativi semplici. Per l’intermediazione assicurativa “fisica” sono tutti elementi di alert. A fronte di ciò si capisce che la questione che ruota attorno alla Rc auto non è altro che un problema essenzialmente italiano…».
Domanda. C’è anche una regolamentazione sempre più stringente e che va verso una maggiore tutela del consumatore…
Risposta. La domanda da porsi è se sia il mercato, oggi, a precorrere le regole del gioco o se sia la regolamentazione. Quest’ultima alcune volte segue il mercato, altre volte lo anticipa. Il vero rischio per gli intermediari assicurativi è l’incamminarsi in modo deciso verso quella direzione tratteggiata da più parti che mira alla semplificazione dei contratti. L’ultima audizione di Salvatore Rossi, presidente dell’Ivass, è stata chiara: in un passaggio si fa riferimento al fatto che i contratti sono troppo complicati. Questo è il problema di fondo, dal momento che il contratto assicurativo è sempre stato simmetrico. Ma io tornerei alla sua domanda di partenza nella quale mi chiede se gli intermediari “fisici” avranno un futuro oppure no.
D. Ecco, quale è la sua opinione?
R. Secondo me si va verso una segmentazione naturale della categoria. Da una parte c’è chi coglierà le nuove opportunità e grazie all’acquisizione di maggiori competenze andrà avanti e, magari, progredirà. Dall’altra ci sono coloro che continueranno a operare come sempre hanno fatto in passato. Inoltre c’è anche un problema di cui bisogna tenere conto.
D. Quale?
R. Il passaggio generazionale che riguarda agenti e broker. Questo è un tema cruciale. Le compagnie hanno una sfida rilevante da affrontare, dovendo capire come conservare quei portafogli in carico agli agenti bravi, ma in età avanzata, e se e come tramandarli, visto che non è detto che i figli seguano le stesse orme dei genitori. Oltre a ciò, si pensi alla rivalsa e alle sue implicazioni economiche.
D. Concentriamoci sul ruolo degli agenti, molti dei quali mal sopportano la presenza dei comparatori e delle compagnie dirette perché vengono visti come competitor. È davvero così?
R. È una posizione perdente se ci si sofferma alla logica del prezzo. Quello che conta è il valore aggiunto che l’intermediario “fisico” può dare. Anche la presenza di comparatori e reti dirette può servire a far capire al cliente che cosa l’agente può offrire in più sul piano del servizio. L’intermediario fisico deve “cavalcare” questo aspetto, non subirlo.
D. Negli ultimi anni si assiste sempre di più al fenomeno degli agenti che lasciano la sezione A del Rui e diventano broker iscrivendosi, appunto, alla sezione B. Quale è la sua opinione in merito?
R. Capisco gli agenti. Fra le ragioni penso ci sia quella legata al fatto di avere magari dei budget della compagnia spesso improntati su logiche di prodotto e non di cliente o quella, una volta vicini all’età pensionabile, di vedersi affiancato un altro agente nonostante l’agenzia sia stata gestita in modo ineccepibile. Eppure la logica di condivisione tra compagnia e agenti dovrebbe essere vista in un’ottica win-win, seppure con una dialettica di fondo nel rispetto reciproco delle parti.
D. I broker dicono che non è di per sé un segnale di vitalità l’aumento degli iscritti alla sezione B anche perché gli agenti che diventano broker non portano grandi volumi….
R. Chieda a coloro che la pensano così che cosa farebbero se un ex agente, oggi broker, proponesse loro di entrare in società apportando un portafoglio di premi di qualche milione di euro, magari solo in piccola parte Rc auto. Vi sono agenti e agenti, così come vi sono broker e broker…
D. La tecnologia al servizio degli intermediari. Alcune compagnie, anche attraverso soluzioni e strumenti on line, si sono già mosse in questa direzione…
R. Sono quelle più avvedute, ma sono pochissime. È interesse della compagnia raccogliere premi e dell’agente far sottoscrivere polizze ai clienti. Si tratta di obiettivi comuni, eppure oggi compagnie e agenti discutono ancora su chi debba emettere il bollettino o chi sia il soggetto che ha titolo per scrivere al cliente.
D. Tutti sono d’accordo nel sostenere che sul mercato distributivo non esista un modello agenziale ideale. Lei come immagina l’agenzia del futuro?
R. Dipende da quello che vuole fare l’agente. Come intende strutturarsi? Che rapporto intende impostare con la mandante o le mandanti? Vuole far valere più il marchio o il proprio nome? Il modello agenziale secondo me va calibrato tenendo conto della realtà locale. Il modello se lo dà l’agente e dipende ovviamente anche dalle dinamiche del mercato locale. Io vedrei bene un’agenzia che lavora in partnership con una compagnia o più compagnie in grado di fornire coperture per tutti i rischi e con una relazione seria instaurata con la clientela. In questo le compagnie dovrebbero aprirsi.
D. Ha ancora senso parlare dell’opportunità di operare in regime di monomandato, o se è meglio in plurimandato?
R. Se un agente lavora per una compagnia che è in grado di seguirlo a 360 gradi ed è un best in class, allora è in una posizione ottima. Se uno degli elementi viene meno è naturale che si debba cercare altro. Tuttavia la colpa non è dell’agente. Una compagnia avveduta lo mette in condizione di avere tutto il portafoglio prodotti di cui necessita, anche attraverso accordi con altre reti o convenzioni con compagnie specialistiche o con società di brokeraggio. Nel mercato ci sono degli esempi evidenti e di successo.
D. Amministratori delegati e direttori generali delle compagnie spesso sottolineano l’importanza delle rispettive reti agenziali e il fatto che siano al centro delle loro strategie. È davvero così?
R. Per alcune compagnie sì. Per altre un po’ meno. Diciamo anche che a qualche dirigente non piace che alcuni agenti guadagnino più di lui…Eppure gli intermediari sono quelli che operano sul campo, sul mercato locale, mettendoci innanzitutto la propria faccia e poi, in congiunzione o dopo, il marchio della compagnia. Non è possibile che nel proprio budget le compagnie decidano di non seguire più alcuni settori o che dettino alla rete obiettivi improponibili e di breve termine, elaborati da top manager che poi spesso cambiano casacca.
D. Come vede il mercato dei broker? Sempre più spesso si assiste a operazioni di acquisizione di società medio-piccole…
R. I grandi broker non hanno problemi, anche se il livello di competizione sta imponendo livelli di efficienza e di attenzione ai costi che in passato non erano così stringenti. Sul fronte delle operazioni a cui lei fa riferimento, è vero, anche se quei broker che sono stati venduti o erano specialisti, con un segmento di mercato che non consentiva più di sopravvivere, oppure avevano il problema del passaggio generazionale. A fronte di questo c’è una fascia di broker da 2-3 milioni di euro di provvigioni l’anno che sta crescendo in modo forte sui mercati regionali locali.
D. Lei è impegnato professionalmente nell’insegnamento e nella formazione anche relativamente a temi di carattere assicurativo. E le iniziative dell’Università degli Studi di Parma non sono poche, da questo punto di vista…
R. Le iniziative su cui abbiamo lavorato, stiamo lavorando e lavoreremo sono tre. La prima è stata un laboratorio virtuale di simulazione di un’agenzia di assicurazione, che si è tenuto da settembre a dicembre dell’anno scorso, aperto a 30 studenti. Si è trattato di un qualcosa di nuovo. In pratica è stato dato un portafoglio premi e gli studenti si sono cimentati nella gestione, proprio come fanno gli agenti. Questa iniziativa è stata svolta in partnership con Vittoria Assicurazioni, che ha fornito, tra l’altro, non solo la struttura informatica, ma anche docenti specializzati di compagnia. Per gli studenti, poi, è stato emozionante vivere delle giornate all’interno della stessa compagnia, toccando con mano la costruzione di una polizza, la sua proposta e il conseguente controllo. È stata nel complesso una esperienza positiva che replicheremo il prossimo settembre. La seconda iniziativa riguarda i corsi di finanza e risk management e di insurance e risk management. Sulla terza iniziativa ci stiamo lavorando: si tratta di un corso di perfezionamento per agente assicurativo che partirà a gennaio del 2018 e che ha a tutti gli effetti valore universitario. Consentirà non solo di prepararsi all’esame Ivass per l’iscrizione al Rui, ma anche di acquisire competenze su specifiche tematiche di agenzia; per questo il corso è aperto anche a chi è già agente e vuole approfondire per esempio tematiche come il controllo e la gestione dell’agenzia.
D. Quanto contano le competenze per andare avanti in questa professione?
R. Sempre più il futuro si giocherà sulle competenze: giuridiche, imprenditoriali esterne (approccio il mercato) e interne (controllo di gestione, compliance, privacy, 231). Con il corso di perfezionamento intendiamo dare dignità e anche visibilità a questa professione, fornendo i tools per poter lavorare ovunque, indipendentemente dalla zona in cui l’intermediario opera.
D. In conclusione quale è il messaggio che si sente di dare ad agenti e broker per continuare a stare sul mercato in modo competitivo?
R. Due suggerimenti: il primo è di investire assolutamente in competenze. Il secondo è di vedere la professione in un’ottica diversa: non prendersela più con le compagnie, dare la colpa alla regolamentazione o al mercato in genere. Occorre uscire dagli schemi per poi rientrarvi con nuove professionalità. Solo i grandi esecutori possono permettersi di proporre al pubblico variazioni su un tema musicale. Gli altri sono destinati a rimanere dei, seppur bravi e piacevoli, dilettanti.
FONTE TUTTO INTERMEDIARI