«È un segnale positivo per l’attrattività dell’Italia come destinazione di investimenti». Mario Greco, numero uno delle Generali, accoglie così la conferma del «voto» assegnato al nostro primo gruppo assicurativo da parte di Standard & Poor’s.
«È un segnale positivo per l’attrattività dell’Italia come destinazione di investimenti». Mario Greco, numero uno delle Generali, accoglie così la conferma del «voto» assegnato al nostro primo gruppo assicurativo da parte di Standard & Poor’s. Il Leone di Trieste ha superato lo stress test effettuato dall’agenzia internazionale di rating dimostrando la capacità di mantenersi solida anche in uno scenario finanziario di estrema tensione.
Greco definisce la decisione di S&P un riconoscimento doppiamente importante, per la società e per il nostro Paese. A ragione, anche perché la conferma chiude positivamente un capitolo che aveva riguardato sì le Generali ma di riflesso, per le dimensioni e l’importanza internazionale del gruppo, l’intero sistema Italia. Il 23 novembre 2013, a sorpresa, Standard & Poor’s ha annunciato di aver collocato Generali e altre compagnie internazionali «sotto osservazione» per un possibile declassamento: «Se non supererà i nostri stress test», si leggeva nella nota, «legati a un possibile default del Paese, probabilmente limiteremo il rating del gruppo al livello di quello dell’Italia», che è inferiore di due «gradini». Greco aveva reagito definendolo un «errore clamoroso» e qualcosa di «irricevibile», anche in relazione al fatto che la doccia fredda arrivava «quando l’economia italiana» stava mostrando «i primi segnali di ripresa». Segnali che senza dubbio sono proseguiti in modo coerente come dimostra il termometro dello spread Btp-Bund sceso da allora di oltre 70 punti base.
Qualche tempo dopo S&P ha anche comunicato a Trieste l’orientamento a procedere effettivamente a un downgrade, cioè a un ribasso del voto. Secondo fonti di mercato però le Generali hanno seguito la procedura prevista in simili occasioni presentando una specie di ricorso. E il loro punto di vista è stato accolto dall’agenzia, fatto che sembra avvenire abbastanza di rado se si pensa che su 150 di tali ricorsi presentati dalle società sotto esame non più di cinque si sarebbero chiusi con «verdetto» favorevole.
Alla fine Standard & Poor’s ha riconsiderato la valutazione iniziale che l’ha portata ad avviare il creditwatch, cioè l’osservazione per una eventuale bocciatura: le Generali hanno superato lo stress test e il rating è stato confermato. Secondo Greco il risultato dimostra «le significative riserve di bilancio e la flessibilità finanziaria» del gruppo, riconosce la sua «diversificazione globale», visto che «il 70% del business è originato all’esterno del mercato domestico e conferma «il progresso compiuto» sotto il profilo della solidità. Infine, annota il group ceo, «abbiamo sempre ritenuto del tutto improbabile lo scenario di un eventuale default dell’Italia».
Nonostante però tale scenario appaia in effetti oggi ancora più improbabile, S&P non fa marcia indietro sull’outlook (le previsioni) che resta negativo per il gruppo assicurativo perché riflette l’analoga prospettiva di lungo termine sul credito sovrano dell’Italia e l’aspettativa che il Leone di Trieste non aumenterà nei prossimi due anni l’esposizione agli asset domestici. Certo, le Generali alla fine del 2013 hanno in portafoglio circa 55 miliardi di titoli di Stato Italiani, quota leggermente diminuita (del 6%) rispetto a 12 mesi prima. Sono quindi fra i maggiori detentori di bond governativi domestici e una cassaforte di sistema molto importante se si pensa che l’intero sistema bancario a fine gennaio era esposto sui nostri Btp e Bot per 383 miliardi. Ma, a parte il fatto che il «tesoretto» in titoli di Stato per il Leone va messo a confronto con l’intero portafoglio di asset investiti della compagnia, che vale circa 500 miliardi, la valutazione dell’agenzia di rating appare oggi poco in linea sotto questo profilo con quanto stanno dimostrando gli investitori. Basti osservare l’andamento delle ultime aste di Btp, che vanno meglio delle previsioni con rendimenti in continua discesa, e che rappresentano un segnale inequivocabile: il debito pubblico italiano è ancora attraente. Tanto è vero che è atteso un nuovo successo per la emissione, la sesta, di Btp Italia, destinato ai risparmiatori e che partirà a metà aprile.
Ma indicazioni che vanno nella stessa direzione provengono dalla forte domanda internazionale di bond societari (le stesse Generali in gennaio hanno collocato in due ore un’obbligazione da 1,25 miliardi che ha raccolto una domanda di quasi 10), e dagli investimenti in equity che hanno visto diversi investitori istituzionali esteri entrare nel nostro mercato negli ultimi mesi. Indirizzandosi anche (il caso del colosso Blackrock è il più evidente, ma non il solo) sulle banche. I cui portafogli, come si è visto, sono pieni proprio di Btp.
FONTE CORRIERE DELLA SERA