La ritirata del welfare pubblico apre spazi enormi alle assicurazioni. Lo rivela una ricerca Kpmg, che vede nel giro di 4 anni un aumento del 50% della spesa privata in salute. Ma le compagnie dovranno muoversi meglio di quanto fatto finora un piatto ricchissimo dove le assicurazioni si sono già buttate a capofitto. Il mercato delle polizze sanitarie è in forte crescita e nel 2017 ha raggiunto i 6 miliardi, 1115 per cento della spesa privata totale. Ma per le compagnie c’è di più: nei prossimi anni questa spesa salirà vertiginosamente rispetto a una sostanziale stasi di quella pubblica. Secondo i dati dell’Ania, l’associazione delle assicurazioni, rielaborati da Kpmg in una ricerca inedita, nel 20171a spesa pubblica in sanità è stata di 114 miliardi, a fronte dei 40 di quella privata. Nel 2023, cioè fra quattro anni, mentre la spesa pubblica rimarrà sostanzialmente stabile (117 miliardi) a causa della crisi dello Stato sociale, la parte privata decollerà, portandosi a 65 miliardi con una crescita di oltre 1150 per cento. La notizia non è necessariamente buona per i cittadini ma certamente ottima per le compagnie perché, a parità di percentuale di penetrazione delle assicurazioni sanitarie, 1115 per cento, loro intercetteranno quasi 10 miliardi. Inoltre, secondo Kpmg, c’è spazio per ritagliarsi una quota maggiore di spesa sanitaria privata, poiché la media europea è del 51 per cento, con punte del 68 in Francia.
I SOGGETTI IN GIOCO
I vari soggetti in gioco in Italia – da Unipol (leader di mercato con 557 milioni di premi nel 2017) a Generali, dall’outsider Rbm (vera sorpresa imprenditoriale di una compagnia nata dal nulla e ora ai vertici nazionali) ad Allianz, da Reale Mutua a Intesa Sanpaolo (sempre più proiettata nei rami danni), da Axa a Cattolica – stanno in effetti elaborando nuove strategie per “agganciare” sempre più italiani alle polizze malattia, grazie anche a innovazioni tecnologiche, di prodotto e di approccio capaci di rivoluzionare un mercato che, fino a pochi anni fa, in Italia era una Cenerentola che faceva perdere invece di guadagnare. Sì, sono ormai lontani i tempi in cui il ramo malattia era in cronico deficit, un po’ come le Rc auto. «Fino al 2010 – racconta Enrico San Pietro, condirettore generale di UnipolSai – il ramo sanità aveva un combined ratio (un rapporto fra sinistri e premi, Ndr) superiore a 100. Poi le cose sono cambiate e oggi il combined ratio medio è intorno al 90,5 per cento». Insomma, se prima si rimborsavano più sinistri di quanti premi s’incassavano, ora si vedono soldi veri. Unipol è di gran lunga il primo operatore di mercato perché non opera soltanto attraverso UnipolSai, la casa madre, ma anche attraverso la controllata Unisalute, nata nel 1995 ma sempre più lanciata in questi anni. La prima vende polizze individuali, la seconda polizze collettive (nel 2017 per 357 milioni), con i progetti di welfare che tutte le aziende medio grandi stanno attuando insieme alle Casse di previdenza. Il gruppo Unipol, che ha puntato le sue carte su questo settore con più preveggenza e determinazione di altri, è presente sul mercato anche con Incontra, la joint venture con Unicredit, al tredicesimo posto in classifica con 33 milioni. Le innovazioni sono la chiave del successo. E la prima novità di questi anni sono le società di servizi che si agganciano alle compagnie. Queste società, emanazioni delle stesse assicurazioni, studiano e poi forniscono ai clienti una serie di convenzionamenti con laboratori di analisi e centri di cura, a cui si aggiunge sempre più spesso un servizio di orientamento: dov’è meglio andare per una certa operazione chirurgica, qual è il modo per avere una visita o una Tac nel più breve tempo possibile.
Tutte le compagnie hanno un servicer interno o esterno. Chi si è mosso prima, come Rbm con Previmedical, adesso fornisce un servizio anche all’esterno: è dei giorni scorsi il convenzionamento con Intesa Sanpaolo. Il gruppo Unipol ha Sì Salute, Axa Blue Assistance, Generali Generali Welion. Proprio il Leone di Trieste è arrivato di recente in questo campo, nel 2017: «I nostri servizi – spiega Andrea Mencattini, ad di Generali Welion e chief delle controllate di Generali – tengono legati tre fattori: non soltanto la cura, ma prima la prevenzione e prima ancora lo stile di vita. In tutte le ricerche si attribuisce a quest’ultimo un ruolo sempre più rilevante: attività fisica, corretta alimentazione, gestione del sonno, sono alcuni elementi che una compagnia che si preoccupa della salute dei propri clienti deve mettere dentro le proprie polizze. E su queste aree il Servizio nazionale non è presente. Sulla prevenzione si offrono specifici Oggi in Italia le assicurazioni intercettano solo il 15% della spesa privata in salute. La media europea e del 51%, in Francia si tocca il 68% servizi, come lo screening a determinate età e per certe patologie più diffuse. Ma anche la cura per noi diventa un servizio complesso: spesso i clienti ci chiedono un servizio di orientamento su dove un certo trattamento è migliore e noi mettiamo a disposizione la nostra banca dati». Ad aiutare le compagnie ad acchiappare nuovi clienti ci sono anche nuovi strumenti. aAd esempio – spiega Giulio Dell’Amico, partner di Kpmg Italia, ci sono i cosiddetti wearable, come i braccialetti elettronici che possono dare informazioni in tempo reale su battiti cardiaci, sulla pressione e altro e che possono essere venduti ai possibili clienti con uno sconto quale incentivo. Poi si cerca di mostrare i vantaggi dell’assicurazione, magari aggiungendo convenzioni a sconto con palestre. Come si vede, le compagnie non intervengono più ex post con i risarcimenti ma ex ante indirizzando e aiutando il cliente a star meglio».
LA SFIDA DI INTESA
Axa, che sta pensando di creare a livello mondiale un chief medical officer per far fronte alle nuove sfide, rivolge sempre più attenzione alle soluzione tecnologiche tra cui la teleconsultazione: «Il 28,8 per cento dei clienti – dice Patrick Cohen, ad del gruppo in Italia – secondo una nostra ricerca, vorrebbe avere un punto di riferimento a cui rivolgersi in qualsiasi momento per dubbi sul proprio stato di salute. E quasi il 75 per cento degli italiani si sentirebbe più sicuro con dispositivi medici connessi». Intesa Sanpaolo proprio questa settimana lancerà una sfida su larga scala: «Offriremo ai nostri 12 milioni clienti – spiega Maurizio Cortese, ad di Intesa Sp Smart Care – tre mesi gratuiti di abbonamento a “XM Salute”, per accere alla piattaforma Previmedical. I primi risultati in filiale sono più che incoraggianti».
FONTE AFFARI& FINANZA