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Previdenza complementare, iscritti 2018 in aumento del 5,4%

NewSintesi e Rassegna Stampa | 11 Febbraio 2019 | 0

Secondo quanto riporta la nota di commento all’aggiornamento COVIP dei principali dati statistici della previdenza, alla fine del 2018 il numero complessivo di posizioni in essere presso le forme pensionistiche complementari è di 8,747 milioni; al netto delle uscite, la crescita dall’inizio dell’anno è stata di 448.000 unità (+5,4%). A questo numero di posizioni, che include anche quelle relative a coloro che aderiscono contemporaneamente a più forme, corrisponde un totale degli iscritti che può essere stimato in circa 8 milioni di individui.

Nei fondi negoziali si sono registrate 197.000 iscrizioni in più (+7%), portando il totale a fine anno a 3 milioni. L’apporto maggiore alla crescita delle posizioni (circa 160.000) si è registrato nei fondi pensione che hanno attivi meccanismi di adesione contrattuale; alle otto iniziative già esistenti, a partire da gennaio 2018 si è aggiunto anche il fondo rivolto ai lavoratori del settore dell’igiene ambientale (Previambiente).

Nelle forme pensionistiche di mercato offerte da intermediari finanziari, i fondi aperti totalizzano 1,462 milioni di posizioni, crescendo di 88.000 unità (+6,4%) rispetto alla fine dell’anno precedente. Nei PIP “nuovi”, il totale degli iscritti è di 3,276 milioni; la crescita nell’anno è di 171.000 unità (+5,5%).

Le risorse in gestione

A fine 2018 le risorse complessivamente destinate alle prestazioni dalle forme pensionistiche complementari ammontano a 166,9 miliardi di Euro; il dato non tiene conto delle variazioni nel periodo dei fondi pensione preesistenti e dei PIP “vecchi”.

Il patrimonio dei fondi negoziali, 50,4 miliardi di Euro, risulta in crescita del 2%. Le risorse accumulate presso i fondi aperti corrispondono a 19,6 miliardi, mentre i PIP “nuovi” totalizzano 30,8 miliardi; nel 2018 l’aumento è stato, rispettivamente, del 2,5 e dell’11,5%.

I rendimenti

L’andamento dei mercati finanziari nel corso del 2018, evidenziano dalla Commissione, non è stato nel complesso positivo. I rendimenti delle obbligazioni governative sono risaliti in misura significativa negli Stati Uniti, mentre si sono mantenuti in media stabili nell’Area dell’Euro, fatta eccezione per i titoli italiani i cui premi per il rischio sovrano si sono allargati a partire dalla seconda metà dell’anno. Per i listini azionari, l’andamento è risultato contrastato nella prima parte del 2018, per poi peggiorare in modo consistente e generalizzato nell’ultimo trimestre dell’anno.

Le tendenze osservate si sono riflesse sui risultati delle forme pensionistiche complementari, subendo perdite in conto capitale causate dai ribassi dei corsi azionari e dal rialzo dei rendimenti obbligazionari. I rendimenti aggregati, al netto dei costi di gestione e della fiscalità, sono stati in media negativi. I fondi negoziali hanno perso il 2,5%; -4,5 e -6,5%, rispettivamente, per i fondi aperti e per i PIP di ramo III. Per le gestioni separate di ramo I, che contabilizzano le attività a costo storico e non a valori di mercato e i cui rendimenti dipendono in larga parte dal flusso cedolare incassato sui titoli detenuti, il risultato stimato è stato invece positivo (+1,7%).

Più limitato è l’effetto degli andamenti recenti sul rendimento medio annuo composto valutato su orizzonti più propri del risparmio previdenziale. Nel periodo da inizio 2009 a fine dicembre 2018 (dieci anni), i rendimenti sono risultati pari al 3,7% per i fondi negoziali, al 4,1% per i fondi aperti e al 4% per i PIP di ramo III; 2,7% per i rendimenti delle gestioni separate di ramo I. Nello stesso periodo, la rivalutazione media annua composta del TFR è stata pari al 2%.

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