La pensione di scorta vira alla grande la boa di metà anno. E stacca decisamente la liquidazione.
La pensione di scorta vira alla grande la boa di metà anno. E stacca decisamente la liquidazione. Nei primi sei mesi dell’anno è stato pari al 4% il rendimento medio offerto dai fondi pensione negoziali, aziendali o di categoria. Il Tfr (il 6,91% della retribuzione lorda) nello stesso periodo ha reso invece lo 0,8%, al netto dell’aliquota dell’11%: la liquidazione mantenuta in azienda si rivaluta con un tasso dell’1,5%, più il 75% dell’inflazione. Un ottimo risultato è stato ottenuto anche dai fondi pensione aperti (promossi da compagnie d’assicurazione, banche, Sim e Sgr), che nella prima metà dell’anno hanno reso in media il 4,2%. I dati sono ricavati dalla banca dati di Morningstar, che comprende 94 fondi e 448 linee d’investimento, in pratica la quasi totalità del mercato.
Malgrado il ritocco (scattato il 24 giugno scorso) nella tassazione sulle performance, passata dall’11% all’11,5%, la previdenza integrativa conferma insomma il suo andamento positivo. E anche nel medio termine vince alla grande sul Tfr: fra il primo gennaio 2000 e il 30 giugno scorso, tutti i tre fondi chiusi maggiori esistenti all’inizio del periodo considerato hanno battuto nettamente il 47,3% della liquidazione. Il migliore è stato Fondenergia (energia e petrolio) con il 64,2%, seguito da Cometa (industria metalmeccanica e orafa) con il 58,1% e Fonchim (chimica e farmaceutica) con il 57,5%. «Il risultato è stato ottenuto grazie a scelte d’investimento molto attente alle esigenze previdenziali — sottolinea Alessandro Stori, direttore di Fondenergia —. Nl 2009 sono state riviste, in modo da aumentare ulteriormente la diversificazione e ridurre i rischi».
Cambio di prospettive
«Negli ultimi anni i fondi pensione hanno ottenuto rendimenti molto positivi, investendo soprattutto sui titoli governativi italiani — sostiene Rino Tarelli, presidente della Covip —. Ora bisogna sviluppare, tenendo sempre presente l’obiettivo previdenziale, le ricadute nell’economia reale del nostro Paese. Insieme alle parti sociali e alla Cassa depositi e prestiti stiamo elaborando possibili misure in questo senso». A parte i rendimenti, un altro fattore che rende più conveniente l’adesione ai fondi pensione rispetto alla decisione di mantenere il Tfr in azienda è il contributo aziendale (pari in media all’1,2-1,5% della retribuzione lorda), cui ha diritto solo chi aderisce.
La previdenza complementare dovrà compensare la minore copertura offerta dal sistema pensionistico obbligatorio. «Il sistema, però, non si sviluppa come sarebbe necessario — sottolinea Tarelli — e su 6,3 milioni di aderenti, ve ne sono 1,4 che non versano contributi».
Stringere la forbice
«Ipotizzando di destinarvi il Tfr, oltre a un contributo dell’azienda e del lavoratore — spiega dal canto suo Vittorio Conti, commissario straordinario dell’Inps — grazie alla previdenza complementare il rapporto fra pensione e ultima retribuzione potrebbe aumentare dai 14 ai 19 punti, a fronte di rendimenti attesi lordi rispettivamente nell’ordine del 2%-4%. Per farla sviluppare, però, occorrono due condizioni: stabilità del sistema pensionistico obbligatorio e un’informazione adeguata».
Nei giorni scorsi Conti è intervenuto a un convegno organizzato da Itinerari previdenziali di Alberto Brambilla, padre della riforma del Tfr. «La busta arancione che fornisce ai lavoratori una stima della futura pensione non può più essere rinviata — dice Conti — e insieme al ministro del Lavoro mi sono impegnato in questo senso. Si potrebbe partire entro fine anno con una sperimentazione su un ampio campione di lavoratori; naturalmente dovrà essere indicato chiaramente che la stima è soggetta a numerose variabili, in particolare la crescita del Pil e la futura carriera del lavoratore, e che il divario rispetto al risultato finale che si potrà effettivamente ottenere si allarga man mano che ci si allontana dal pensionamento». Il Commissario dell’Inps, il cui mandato scade a settembre, si spinge più in là. «La busta arancione dovrebbe essere resa disponibile anche presso gli uffici dell’Inps — spiega —. Con il potenziamento di risorse che abbiamo chiesto, l’Istituto potrebbe divenire un vero e proprio snodo del welfare in Italia, a disposizione anche dei comuni per le loro prestazioni assistenziali».
FONTE CORRIERE ECONOMIA