News

Il ruolo delle assicurazioni per rilanciare il paese

25 Aprile 2016

L a profonda discontinuità che interessa i sistemi economici impone anche al nostro Paese di affrontare una riflessione sul ruolo che, tra gli altri, il sistema assicurativo può svolgere per supportare una crescita sostenibile e per dare una valida risposta alla crescente domanda da parte, della collettività, di protezione e di servizi che non aggravino però i conti pubblici.

La società esprime oggi molteplici sfide in diversi campi. In particolare, l’Italia si trova nella necessità di contenere la spesa proprio nel momento in cui cresce vertiginosamente il bisogno di welfare sapendo che nel 2050 saremo 61,6 milioni, con un’età media di 49,2 anni e che già oggi l’assistenza per la terza età è un «dramma sociale» a carico delle famiglie. Forte è, anche, il bisogno di soluzioni per trovare risorse utili allo sviluppo infrastrutturale e delle imprese o per proteggere il risparmio in condizioni di tassi zero.

Bene, l’assicurazione è naturalmente in grado di dare risposte a queste esigenze, se messa in condizione di farlo, in termini di servizi a cittadini e imprese nonché di riduzione di costi e rischi per la collettività. Ad esempio, un più ampio ricorso allo strumento assicurativo potrebbe contribuire a ridurre le spese pubblica sul welfare (oltre 400 miliardi di euro annui) e le risorse liberate potrebbero essere distribuite alle fasce meno abbienti. A tal fine, nella previdenza complementare bisognerebbe superare i tassi di adesione attuali, che sono ancora «fermi» intorno al 25% e quasi assenti per i giovani, attraverso interventi di stimolo quali la portabilità dei contributi e soluzioni fiscali rivolte alle categorie di lavoratori precari. Per la salute, sarebbe necessario un maggiore utilizzo dei vantaggi fiscali già oggi presenti nelle offerte assicurative collettive, incoraggiando lo sviluppo del «welfare aziendale», e anche l’estensione di questi vantaggi a livello individuale. Inoltre, l’assicurazione potrebbe intervenire efficacemente per ridurre l’attuale spesa pubblica ex-post per calamità naturali (danno medio annuo solo su abitazioni civili di 2,8 miliardi di euro) e potrebbe anche impiegare le sue risorse, nel rispetto di norme adeguate, per supportare gli investimenti infrastrutturali e delle imprese.

Tutto ciò presuppone una forte logica di collaborazione pubblico-privato che però in Italia, a differenza di altri Paesi, incontra difficoltà. Per superarle, bisogna aumentare la «cultura assicurativa» e dissipare una certa «diffidenza», a causa della quale si stima, ad esempio, che una famiglia spenda mediamente di tasca propria 1.800 euro l’anno per far fronte a cure e danni domestici che potrebbero essere gestiti ad un costo minore e senza rischi di punte di spesa, con una polizza.

Esiste una chiave di svolta: l’innovazione. Questa però deve tener conto delle specificità assicurative, non risolvendosi nel solo concetto, per certi versi ormai assorbito, della digitalizzazione, ma deve fare di più, andare oltre le mode, verso una solida logica «ibrida». Infatti, l’assicurato italiano è, e sarà ancora per molto, «ibrido», interessato sia a utilizzare le soluzioni digitali e dirette in sede di prevendita o per i servizi liquidativi sia ad essere consigliato da una persona fisica sempre più competente, proattiva e capace di spiegare e sensibilizzarlo. Ma vuole anche avere un servizio più ampio della sola liquidazione.

Quindi, l’innovazione dovrebbe avvenire lungo tre direttrici. Innanzitutto, si deve investire sull’ampia forza distributiva fisica del settore (un asset di circa 200.000 persone) che, grazie anche a nuove tecnologie e modalità operative, può aiutare ad aumentare la consapevolezza e una «cultura assicurativa» più moderna. Parallelamente, bisogna realizzare una offerta «ad ampio spettro», una nuova catena del valore, affiancando alle soluzioni tradizionali servizi innovativi, solo alcuni dei quali abilitati dal digital, dal «cognitive» e dalla telematica. Infine, si devono innovare le operations facendole oggetto, innanzitutto, di un processo radicale di semplificazione. Siamo quindi su una più complessa frontiera dell’innova-zione volta a nuovi paradigmi «ibridi» dell’assicurazione e che attribuisce ai grandi player del mercato (Generali, Unipol, Poste, Allianz, Axa, bancassicurazione, ecc.) un ruolo trainante. Ma non basta. È necessario anche che il governo, le imprese e i cittadini «innovino» il loro approccio verso l’assicurazione agendo per coglierne appieno il valore. Serve una convergenza nell’interesse comune. A partire da quello di chi ha più bisogno: le famiglie e le piccole imprese.

FONTE CORRIERE DELLA SERA