L’Ania potrebbe contribuire con 700/800 milioni di euro, ma è prima di tutto un dovere degli
intermediari riequilibrare Fpa. Ma non sarà facile trovare la formula magica per garantire la tenuta
dell’istituto sul lungo periodo
Continuano le discussioni intorno alla situazione del fondo pensione agenti. Nonostante il dibattito si sia arroventato solo dopo la sospensione dei trasferimenti volontari, decisa dal cda di Fpa il 3 marzo scorso, il problema di tenuta è stato sollevato ciclicamente nel corso degli ultimi tre anni. Il fondo, attualmente operativo per più di 15 mila unità (ma che potrebbe estendersi a un potenziale numero di agenti che supera le 25 mila) in questi anni ha sempre presentato un bilancio solido. Tuttavia, nuovi calcoli attuariali, l’allungamento della vita, i bassi tassi di interesse e uno scarso numero di nuove adesioni, hanno costretto il management a proporre un piano di riequilibrio che, tra le varie cose, prevede un impegno delle compagnie valutabile in 700/800 milioni di euro in dieci o quindici anni. L’Ania ci sta pensando, ma intanto, fa sapere il cda del fondo, i trasferimenti saranno bloccati “fino a quando non sarà adottato il piano di riequilibrio”. Ovvero anche per mesi, perché da un lato le compagnie intendono valutare ogni aspetto di questo progetto (anche alla luce dei risultati dell’indagine Antitrust che potrebbe cambiare molte cose nel rapporto imprese e agenti) e dall’altro perché i sindacati, cioè Sna, Unapass e Anapa dovranno concordare i sacrifici da imporre agli intermediari. Tra i più critici c’è sicuramente il presidente di Anapa e del gruppo agenti Generali, Vincenzo Cirasola, che già dal 2012 aveva lanciato l’allarme sulla sostenibilità del fondo, quando questo era ancora presieduto da Lucio Modestini.
Presidente Cirasola, il cda del fondo pensione rassicura sulla stabilità del bilancio di gestione, ma Anapa propone di far analizzare i libri da un advisor. Perché non ritenete
affidabili gli attuali revisori del fondo?
In primis, preciso che personalmente avrei tutto l’interesse a tacere, vista la mia matura età; tuttavia io rappresento numerosi giovani agenti che mi hanno dato fiducia e hanno ancora tanti anni di attività prima di andare in quiescenza, e sarebbe scorretto non fare un’analisi approfondita con esperti, continuando così a imbonirli o illuderli. Il consiglio di amministrazione di Fpa imputa il gravissimo disavanzo, pari a circa 800 milioni, vale a dire al 90% del patrimonio gestito, al passaggio da gruppo aperto a gruppo chiuso. In realtà, quest’ultimo, è solo uno dei fattori scatenanti. È risaputo che da anni il numero degli iscritti è in riduzione, e che l’età dei pensionati si è prolungata. Allo stesso modo, anche il rendimento degli investimenti non è in linea con i rendimenti medi del mercato finanziario. La qualità dell’informativa pubblica dei bilanci è assai tenue. Infine, anche i costi di gestione sono maggiori della best practice di mercato. Alla luce di questo, sarebbe corretto richiedere assoluta competenza e, soprattutto, terzietà rispetto agli organi in questione. Il rischio è che chi ha versato contributi per anni non incassi la relativa pensione, e che i nuovi iscritti stiano solo bruciando i contributi versati,
magari frutto di sacrifici e di rinunce.
Il piano per il riequilibrio prospettico, a detta del fondo, proporrà sacrifici agli agenti:
Anapa pensa a una via alternativa per evitare che il peso ricada sugli iscritti?
Chiedere sacrifici può essere accettabile solo a fronte di un risanamento strutturale e non congiunturale. Il problema è evidenziato da un fattore scatenante, ma con radici molto profonde. Oggi stiamo cercando di limitare gli effetti di cause ben remote, ma già palesemente prevedibili. Ricordo che già nell’aprile 2012 scrissi per esternare le mie preoccupazioni su un disavanzo prospettico, che a quell’epoca era solo di 38 milioni di euro: venni prontamente minacciato dall’allora presidente di Fpa (Lucio Modestini, ndr) di essere denunciato per diffamazione e citato per danno di immagine. Non può essere tradita la buona fede di migliaia d’iscritti che hanno versato in modo integerrimo i loro contributi. Sarebbe opportuno ripartire da una corretta asset allocation e verificare se questa non possa comportare perdite, anche ingenti, in un futuro non lontano.
Ci sono delle responsabilità del management e del cda del fondo pensione? Pensate
debba essere cambiata la governance?
È necessario inserire professionalità di caratura, che siano indipendenti rispetto agli iscritti. Andare da un medico amico non sempre, anzi quasi mai, giova alla salute del paziente. Non è intenzione di Anapa fare processi: occorre fare in modo che la governance esprima in modo corretto, serio, competente e, soprattutto, trasparente l’interesse degli iscritti, dando continua e chiara informativa a questi ultimi. Francamente, con tutto il rispetto sul piano personale, non si può affidare l’amministrazione e la gestione di 900 milioni di euro a colleghi agenti, o ex agenti, senza competenze specifiche o, addirittura, che hanno titoli di studio di scuola media inferiore, unicamente perché rispondenti a una logica di assegnazione di posti in una lista chiusa,
predisposta da una sola organizzazione sindacale.
In questo contesto, quale potrebbe essere il ruolo del gruppo agenti Generali?
Il gruppo agenti Generali, uno dei più importanti del mercato, esprime, come tanti altri, una lunga tradizione di compattezza al suo interno e di profili di competenza all’esterno.
Non è possibile pensare di procedere in modo unilaterale, dopo avere palesato un problema enorme in maniera banale, senza coinvolgere i gruppi agenti, che devono avere la possibilità di indicare, nell’interesse generale, quali possano essere le vie per il risanamento del fondo. Al termine dell’ultimo consiglio direttivo del gruppo che presiedo, dopo aver ascoltato la
relazione del direttore generale e dell’attuario del Fpa, è stato deliberato (34 favorevoli e un contrario) di volere contribuire a un reale salvataggio del fondo, in modo strutturale e non congiunturale, prevedendo un concreto turnaround, con un cambio di governance e l’inserimento di advisor, in rappresentanza anche dei gruppi agenti. Il gruppo agenti Generali, come anche altri, risentirebbe notevolmente del danno reputazionale conseguente al default di Fpa. Proprio per la tutela di questo valore immateriale, cioè il credito dell’agente professionista di assicurazione, non si possono imporre soluzioni che non siano oggetto di condivisione corale di tutti i sindacati agenti e dei principali gruppi rappresentati. Sia chiaro a tutti che gli agenti di assicurazione sono condannati a salvare il fondo; altrimenti con quale coraggio andremo a
proporre un Pip a un nostro cliente?
FONTE INSURANCE DAILY