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Tra Generali e Perissinotto partita aperta su separazione e risarcimenti

1 Novembre 2014

Il giudice del Lavoro rimanda al Tribunale delle Imprese la decisione finale sullo scontro

 

Come avrebbe detto Gino Bartali, è tutto da rifare. Il tribunale del Lavoro di Trieste, infatti, ha concluso che tra Giovanni Perissinotto e le Assicurazioni Generali non è possibile mettere la parola fine, nemmeno con una sentenza di primo grado. La ragione è semplice: nelle richieste avanzate dal Leone di Trieste nei confronti del suo ex amministratore delegato (nella fattispecie, nei confronti del suo ex dipendente, per il periodo che arriva fino all’aprile 2001) il giudice del Lavoro ha dichiarato la propria incompetenza, essendo invece competente la sezione specializzata del Tribunale delle imprese.
Dunque, nessuna decisione nel merito della vicenda, che vede le Generali contrapposte a Perissinotto (e a Raffaele Agrusti, con una causa separata, ancora in corso presso lo stesso giudice) su dueaspetti: la prima, sull’accordo di separazione (in pratica la liquidazione, 11 milioni) e la seconda, più sostanziale, sulla richiesta di risarcimento danni. Ebbene, il giudice non ha deliberato sulla sostanza, però ad un punto fermo è arrivato lo stesso: le Generali devono pagare a Perissinotto le spese legali e le altre pendenze – le spese di lite – per 32mila euro in totale.
Ora si tratterà di leggere le motivazioni della sentenza (che arriveranno entro sessanta giorni) e solo quel punto la compagnia ragionevolmente prenderà le sue decisioni in merito, se ricorrere in appello o cambiare direttamente Tribunale, rivolgendosi subito a quello delle imprese. E di conseguenza si vedrà se dovrà mettere mano al portafoglio subito, per pagare le spese legali, o se ricorrerà.
Certo per ora si tratta di un giudizio di primo grado, ma per Generali è una sorta di autogol: quantomeno, per il top manager uscito tra forti critiche e poi con strascichi legali importanti sul suo operato (la causa in questione riguarda alcuni investimenti, nel periodo in cui era direttore generale) si tratta di un primo punto a suo favore.
FONTE LA REPUBBLICA